Tempi e Metodi alla Veneta

Luglio 2018

C’è poco da fare: non sempre la sensibilità per gli adempimenti di sicurezza e salute nel lavoro nasce spontanea. A volte servono stimoli. Tra gli stimoli che, spesso, nelle piccole aziende spensierate inducono ondate di (iper)sensibilità vi sono le ispezioni dello SPISAL. Arrivano gli ispettori, chiedono documenti, vedono cose, parlano con persone, costringono l’imprenditore a focalizzare che certe leggi non solo esistono ma addirittura lo riguardano e capita pure che lascino verbali di contravvenzione.

La sequenza di emozioni che l’ispezione SPISAL provoca nella piccola azienda spensierata comprende tipicamente, e in ordine variabile: insofferenza, stupore, rabbia, paura, orgoglio e… fretta. Dopo l’ispezione SPISAL bisogna correre, bisogna recuperare il tempo perduto.

Allora l’imprenditore chiama il consulente e spiega: “Sono venuti da noi quelli dello SPISAL. Dobbiamo mettere a posto le cose. Dobbiamo fare tutto, noi vogliamo tutto in regola, siamo un’azienda seria, però senza esagerare, eh?!, il minimo indispensabile. Sì insomma, le cose previste dalla legge nuova sulla sicurezza… quella lì, no?“ Il consulente si ostina a dimenticare che la storia è una faccenda relativa, e chiede: “Sì, intende il decreto 81, il testo unico sulla sicurezza, che però ormai ha dieci anni…” L’imprenditore spensierato lo interrompe: “Ma nooooo! Macchè 81! La 626, quella che ci fanno anche gli aggeggi salvalavita!” Il consulente: “La 626, ehm, guardi, la 626 è del ’94, e dal 2008 non c’è più perché…” L’imprenditore ha fretta e non ama le sottigliezze: “Va bene, quella lì, quanto mi costa essere a posto?”

Sul concetto di ESSERE A POSTO nel consulente si apre un dilemma: spiegare che la sicurezza è un percorso progressivo e continuo e infinito etc etc., oppure… ma sì, tagliamo corto: “Senta, se per lei va bene vengo a trovarla, vediamo la situazione e poi ci mettiamo d’accordo”. Ci si trova in Azienda e l’imprenditore racconta le assurde pretese dello SPISAL riguardo la viabilità, le protezioni sulle macchine, la segnaletica, gli estintori, i corsi, per non parlare delle carte. “Noi dobbiamo lavorare, fare pezzi, mica perdere tempo a far carte…”

Solo che lo SPISAL stavolta ha davvero esagerato: “Pensi che sono andati a vedere anche i bagni, e mi hanno fatto un sacco di storie per le pulizie, dicendo che ci potrebbero denunciare, tanto che volevo mandarli fuori a calci… che vadano a lavorare, che portino rispetto per la gente che manda avanti la baracca!”
Il consulente a quel punto non si può sottrarre, e in punta dei piedi va a vedere i bagni. Quel che trova è un tripudio di percezioni sensoriali estreme, olfattive e visive anzitutto, ma anche tattili per la scivolosità del pavimento e uditive per le perdite dello sciacquone. Mentre arretra, guardingo e solerte, osa suggerire: “Bè, in effetti, bisognerebbe tenerli meglio”
La risposta và colta in versione originale: “Ma va là, xelo mato gnanca? El cesso sta ben onto. Pì che l’è onto manco i ghe perde tempo drento, e prima i torna a laorar”.

Traduzione per il pubblico internazionale: “Suvvia, non scherziamo. È opportuno che i servizi igienici rimangano sporchi. Più sono sporchi, meno i lavoratori vi si trattengono e, in tal modo, riprendono prima il loro lavoro”.
Non fa una piega: strategie di tempi e metodi, senza master né specializzazioni. E da qui partiamo, in punta dei piedi, per ESSERE A POSTO.

Il consulente, in punta di piedi

Ing. Alberto Vicentin

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