Infortuni COVID: sommarie informazioni testimoniali

Ottobre 2020

“Insomma com’è successo?” “Mah, eravamo lì come sempre, sembrava tutto normale. Poi ad un certo punto è arrivata sta botta. Ci ha preso proprio alla sprovvista. Chi si l’aspettava?”

“E avete analizzato le cause?” “Guardi, c’è poco da fare. Una fatalità, una disgrazia mai vista prima. Potevamo mica farci niente… cosa fai se ti casca in testa un meteorite?”

“Avevate valutato il rischio?” “Certo, come no? Noi valutiamo tutti i rischi. Guardi qua, tutto scritto. L’avevamo anche messo a verbale, in maiuscolo: STATO DI EMERGENZA. Ci eravamo presi avanti.”

“Ma allora cos’è che è andato storto?” “Sa, eravamo presi dalle nostre faccende, come tutti. Una roba simile non si era mai vista. Speri sempre che non tocchi a te, e intanto tiri avanti. Quella cosa dello stato di emergenza l’avevamo scritta così, per scrupolo, in caso di un’ispezione.”

“E poi cosa avete fatto per evitare che si ripeta? “Ah, guardi, ci siamo dati da fare un sacco. Regole, protocolli, dispositivi di protezione, sistemi di allarme e di soccorso. E tanti incontri e tante conferenze. Abbiamo chiuso tutto per sistemare le cose e per mettere in sicurezza. Abbiamo investito un sacco di soldi, abbiamo fatto mutui e abbiamo chiamato i consulenti più bravi, ma non importa perché per noi la salute viene prima di tutto. Adesso comunque stiamo attenti, non ci frega più. Adesso siamo pronti, abbiamo imparato la lezione. Ne siamo usciti migliori, va tutto bene!”

L’estate scorsa mi ero immaginato un’indagine SPISAL sul grande infortunio nazionale COVID-19. Che poi, caspita, c’erano tutte le condizioni: infortunio plurimo con esiti sia mortali sia di inabilità permanente sia di prognosi oltre i 40 giorni, senza contare i risvolti civilistici per danni morali e materiali. Mi sono immaginato un accesso degli ispettori, come ufficiali di polizia giudiziaria, nelle sedi dell’Azienda Italia per visionare i luoghi, acquisire la documentazione, raccogliere sommarie informazioni testimoniali. Mi ero immaginato le solite domande, quelle basilari nelle indagini sugli infortuni, rivolte alla direzione (là nel quartier generale della capitale), ai dirigenti di filiale (lì nelle palazzine regionali), ai preposti d’area (qui negli uffici di produzione sparsi nel territorio) e a ciascuna persona informata sui fatti, come vittima o almeno come testimone. E mi ero chiesto se alla fine, ponderati gli effetti, ricostruite le dinamiche e raccolte le deposizioni, sarebbe emersa qualche ipotesi di reato, oppure se l’indagine si sarebbe conclusa con una proposta di archiviazione per circostanze abnormi, esorbitanti e imprevedibili.

Questo me l’ero immaginato l’estate scorsa.

Ora però mi immagino una seconda indagine SPISAL sul secondo grande infortunio nazionale COVID-19, quello in corso. Mi immagino un altro accesso degli ispettori nelle sedi aziendali, con le stesse domande e con le nuove risposte. E mi chiedo se sia ancora sostenibile la tesi delle circostanze abnormi, esorbitanti e imprevedibili o se ora diventi più probabile l’ipotesi di reato, o magari molte ipotesi di reato, un po’ a tutti i livelli, con l’aggravante della recidiva.

“Insomma com’è successo di nuovo?” “Mah, avevamo organizzato tutto, avevamo preso tutte le precauzioni ed eravamo lì come sempre, sembrava tornato tutto normale. Poi ad un certo punto è arrivata quest’altra botta. Ci ha proprio preso alla sprovvista. Chi si l’aspettava?”

“E avete analizzato le cause?” “Guardi, c’è poco da fare. Una fatalità, un’altra disgrazia mai vista prima. Tutto quel che potevamo fare l’avevamo fatto. Guardi qui le spese, gli investimenti, le risorse. Potevamo mica far di più… cosa fai se ti arriva in testa un secondo meteorite?”

“Avevate valutato il rischio?” “Certo, come no? Noi valutiamo e rivalutiamo tutti i rischi. Guardi qua, tutto scritto: in questi faldoni ci sono carte, regolamenti, protocolli, fatture, verbali, informative, piani di emergenza con vari scenari. Avevamo anche messo a verbale, in maiuscolo, la proroga dello STATO DI EMERGENZA. Ci eravamo presi avanti.”

“Ma allora cos’è che è andato storto?” “Sa, eravamo presi dalle nostre faccende, come tutti. Avevamo anche molto arretrato da recuperare. Un’altra roba simile non si era mai vista. Speri sempre che non ti ricapiti, e intanto tiri avanti. Avevamo comunque scritto tutto, per scrupolo, in caso di un’ispezione.”

“E poi cosa avete fatto per evitare che si ripeta? “Ah, guardi, ci stiamo dando da fare un sacco, ma intanto vediamo come va, giorno per giorno, ora per ora. Siamo sempre all’erta, stiamo adattando in tempo reale regole, protocolli, dispositivi di protezione, sistemi di allarme e di soccorso. E incontri, e conferenze… un lavoraccio, sa, le proviamo e riproviamo tutte. Forse richiudiamo tutto, per risistemare le cose e per rimettere in sicurezza. Stiamo investendo un sacco di soldi, ancora più della prima volta. Facciamo debiti e mutui e abbiamo chiamato consulenti ancora più bravi perché è venuto che fuori quelli di prima non erano poi tanto bravi, e si mettevano pure a litigare tra loro. Ma non importa perché per noi la salute viene prima di tutto. Adesso comunque stiamo ancora più attenti, vediamo di uscirne in qualche modo e dopo non ci fregherà più. In futuro saremo più prudenti e questa volta sì che impareremo la lezione. Vedrà che ne usciremo migliori, e che andrà tutto bene.”

Alberto Vicentin

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