PREPOSTI, POSTI PRIMA E CON DIRITTO DI VETO

Che siano da sempre l’anello determinante, strategico della rete organizzativa di un’azienda era già evidente, nella sostanza e nella forma. Almeno dal lontano 1955, quando i loro obblighi furono vergati a fuoco nelle tavole della legge. Poi nel tempo il loro ruolo, profondamente e strutturalmente incastonato nella vita vera delle aziende, ha attirato sempre più le attenzioni giuridiche e normative, fino ad arrivare nel 2008 a fissarne una definizione e a sancirne un particolare obbligo formativo.

Ora, a ridosso del Natale scorso, nei meandri di manovre legislative apparentemente orientate altrove, ecco che i preposti (letteralmente, e non a caso, “posti prima”) tornano sotto i riflettori e, contenti o scontenti, diventano ancora più protagonisti.

Due sono le novità pesanti che li riguardano: la necessità di individuarli e il loro diritto di veto sulla prosecuzione di attività pericolose.

Riguardo la prima novità si tratta in realtà di un obbligo in capo al Datore di lavoro, il quale oggi è tenuto appunto ad “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza” (art. 18, comma 1, lett. b-bis). Non si parla di nomina, designazione, incarico o delega, bensì di individuazione, termine per così dire più morbido, che non impone particolari formalità né atti scritti ma sancisce comunque l’onere di esplicitare “chi siano” in azienda i preposti, in modo evidente e inequivocabile per tutti. Una riunione plenaria in cui si proclamano? Un’informativa in bacheca? Un organigramma ben divulgato? Uno scambio di email? Ogni Datore di lavoro può farlo come preferisce, purché lo faccia. Probabilmente la strada più comoda, anche per lasciarne traccia, resta una lettera di individuazione, per poi darne opportuna pubblicità tra i lavoratori.

La seconda novità attribuisce ai preposti il diritto di veto. E poiché a sancirlo è la nuova formulazione dell’art. 19 del D.Lgs. 81/08 (articolo che elenca gli “Obblighi dei preposti”), esercitare il diritto di veto diventa automaticamente un dovere. Veto su cosa? Sulla prosecuzione di un’attività pericolosa. Prima il preposto era tenuto a “fare quel che poteva” per risolvere i problemi e a darne notizia “verso l’alto”, senza interrompere direttamente l’attività. Ora invece, di fronte ad un lavoratore disobbediente, che malgrado i rimproveri e le raccomandazioni persiste nel comportamento non conforme, il preposto deve fermare l’interessato e solo dopo avvisare i superiori. Analogamente di fronte a qualsiasi condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza il preposto deve, “se necessario”, disporre l’interruzione temporanea dell’attività. Precisamente ecco i due passaggi inseriti nell’art. 19 del D.Lgs. 81/08:

  • “in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza; in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti” (art. 19, comma 1, lett. “a”);
  • “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate” (art. 19, comma 1, lett. “f-bis”).

Novità di notevole impatto quindi, non solo per il ruolo e le responsabilità dei preposti ma anche per gli equilibri organizzativi e relazionali in azienda. Al punto che il legislatore ha ritenuto di precisare (art. 18, comma 1, lett. b-bis) che “il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività”. E, già che c’era, che “i contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo”.
Poco stupisce a questo punto che i riflettori si accendano sui preposti anche nell’insidioso palcoscenico degli appalti e della gestione delle interferenze, disciplinato dall’art. 26 del D.Lgs. 81/08. Ora infatti “nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto”.
Indicare, individuare… insomma, deve essere chiaro a tutti chi sia, volta per volta, la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa” (definizione di preposto secondo l’art. 2 del D.Lgs. 81/08, almeno questa invariata… per ora).
A sigillo di questa infornata normativa non poteva mancare un cenno alla formazione dei preposti, il cui obbligo di aggiornamento da quinquennale diventerà biennale: per l’attuazione si deve però attendere un nuovo Accordo Stato Regioni, previsto entro il 30 giugno 2022. Forse un magnanimo tempo di riflessione che il legislatore, più o meno volontariamente, ci concede per meditare sulla risposta da dare al preposto che, durante il corso, alzerà senz’altro la mano: “Ok, va bene tutto, ma esattamente quand’è che io devo interrompere l’attività? E fino a quando? E se mi ordinano di ripartire subito?”